
Piante: l'alterità assoluta
Le piante rappresentano l’alterità assoluta, un’alterità nella quale gli animali umani non si riconoscono e che nel corso della storia del pensiero non hanno soddisfatto nemmeno le condizioni fondamentali della vitalità definite dalla prima metafisica occidentale: una pianta non si muove, non percepisce né sente; non è una cosa vivente, piuttosto, è una cosa incompiuta, un ateles pragma – come lo chiamò Nicola di Damasco – “qualcosa che è anche meno di una cosa, qualcosa che attende il completamento nel suo essere produttivo distrutto, utilizzato per fini umani più elevati di nutrimento, generazione di energia e riparo”. (1) La pianta non è stata inclusa nel grande progetto della metafisica occidentale proprio per l’impossibilità di collocarla in una sostanza immutabile, incorruttibile, eterna. In un’intervista, il filosofo della vita vegetale Michael Marder afferma addirittura che il progetto della filosofia metafisica è formulato contro l’essere vegetale, contro un essere che non si distingue affatto dal divenire: ciò che è mutevole, che si genera continuamente, si rigenera, decade e così via. Il suo costante cambiamento e, in definitiva, l’impossibilità di essere categorizzateo hanno lasciato perplessi i pensatori nel corso della storia del pensiero. (2) Persino Martin Heidegger, uno dei filosofi più influenti del XX secolo, non sapeva cosa fare con una pianta, come pensarla. “Probabilmente fra tutti gli enti l’essere-vivente è per noi il più difficile da pensare, perché da un lato è quello che in un certo modo ci è più affine, ma dall’altro è ad un tempo abissalmente separato dalla nostra essenza e-sistente.” (3) Tuttavia, nel suo I concetti fondamentali della metafisica (1983) ha notoriamente affermato che gli esseri umani formano il mondo, gli animali sono poveri di mondo e le pietre sono senza mondo. Ma che dire delle piante? Dovrebbe posizionarle più vicino a una pietra o a un animale? “Le piante dormono?” chiese: “Non diciamo che la pietra sia addormentata o sveglia. Ma che dire della pianta? Già qui siamo incerti. È altamente discutibile se la pianta dorme, proprio perché è discutibile se sia sveglia. Sappiamo che l’animale dorme. Resta tuttavia la questione se il suo sonno sia lo stesso di quello dell’essere umano, e anzi la questione su cosa sia il sonno in generale. Questo problema è intimamente legato alla questione della struttura dell’essere di questi diversi tipi di esseri: pietra, pianta, animale, essere umano.”
“Muoiono?” No, periscono. “Vivono?” No. Ma danno la vita; sono la vita, l’essenza dell’apparire, del divenire, del sorgere, del creare, del produrre, del generare, del generare, del partorire, del crescere, del sorgere, del germogliare - tutto racchiuso nella parola greca antica phúō che costituisce la parola per pianta, phutón.
Potrebbe essere che Heidegger, il filosofo famoso per ricordarci la nostra dimenticanza dell’Essere, si sia dimenticato delle piante, la vera condizione di possibilità per tutta la vita, gli esseri e l’Essere? Le piante sono vita e la metafisica della vita vegetale può insegnarci un insegnamento prezioso: tutto ciò che vive tende a vivere ancora e a propagarsi, a propagare la vita.
Fernando Pessoa ha scritto di questa metafisica vegetale nel suo poema Il guardiano di greggi V:
Metafisica? Che metafisica hanno quegli alberi?
Di essere verde e folto e di avere rami
e di dare frutto a suo tempo, il che non ci fa pensare,
a noi che non sappiamo prestare loro attenzione.
Ma quale metafisica migliore della loro,
che è non sapere per cosa vivono
nemmeno sapendo di non sapere?
